RIFLESSIONI CRITICHE SUL COVID-19 AL 20 MARZO 2020

Ripetere come un mantra #andràtuttobene non cambia il presente, né tantomeno il futuro del nostro paese. Dopo quasi due mesi dalla presenza del virus in Italia occorre fare qualche critica riflessione senza essere accusati di lesa maestà nei confronti di una classe politica che, giorno dopo giorno, ha ridotto e poi cancellato i diritti e le libertà fondamentali della Carta costituzionale con una serie di provvedimenti governativi, di diversa natura, sui quali non è stato consentito nessun confronto parlamentare.

Dal 30 gennaio, data in cui un tampone ha rilevato il Covid-19 in due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, prima in terapia intensiva e poi guariti, #RESTATEACASA risulta un ordine di guerra incomprensibile per i trenta abitanti del comune di Monterone (Lecco), situato in posizione molto isolata ai piedi del Monte Resegone, in un territorio di boschi in cui si possono percorrere magnifici sentieri. Perché Monterone? Lo spiegherò a breve.

L’analisi della situazione

Prima però va sottolineata la bizzarra circostanza che abbiamo immediatamente dimenticato: i turisti cinesi, che dopo una settimana molte testate davano come spacciati, così come gli altri ricoverati a Roma nei primissimi giorni dell’epidemia, non hanno lasciato traccia di coronavirus nella Capitale ed anche nei dati ufficiali della protezione civile che fanno partire dal 24 febbraio l’avvio dell’epidemia (circa un mese dopo) quando era già noto che il virus stava destabilizzando la Cina.

Incremento giornaliero del contagio al 20 marzo 2020

Eppure il 31 gennaio 2020, subito dopo che l’OMS ha sancito l’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria per l’epidemia da nuovo coronavirus, attivando tutti gli strumenti normativi precauzionali previsti in Italia in questi casi. Dopo la conferma dei primi 2 casi in Italia, il Governo ha ritenuto opportuno interrompere i collegamenti aerei con la Cina con l’ordinanza del Ministro della Salute del 30 gennaio 2020.

Numero di contagi per provincia al 20 marzo 2020

A Roma, città eterna in cui il Papa ha potuto recarsi a pregare nella chiesa di San Marcello in Via del Corso il 15 marzo, incredibilmente il numero di contagiati è di 757 persone (inclusa la provincia).

Si tratta dello 0,000164% della popolazione residente, a fronte dello 0,00462% della provincia di Bergamo che, inspiegabilmente (visto che non si è trovato il paziente “0”) risulta la più colpita d’Italia.

Da più parti si sostiene, ma senza riscontri oggettivi, che gli infetti sarebbero in numero maggiore, addirittura in proporzione 1 su 5 o 10 rispetto ai casi accertati. Se questo fosse vero, i dati relativi ai decessi dovrebbero impressionare molto meno in quanto si scenderebbe dall’attuale 10,65% al 2,13% o addirittura 1,06%.

In buona sostanza, un’incidenza mortale che non dovrebbe spaventare a fronte di quanto è avvenuto negli anni passati per altre forme virali. E ciò naturalmente considerando valida l’attribuzione delle 4 mila morti al solo Covid-19. In realtà, l’Istituto Superiore della Sanità precisa che i deceduti positivi per Covid-19 hanno una o più malattie preesistenti. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 2,7. Complessivamente, 6 pazienti (1.2% del campione) presentavano 0 patologie, 113 (23.5%) presentavano 1 patologia, 128 presentavano 2 patologie (26.6%) e 234 (48.6%) presentavano 3 o più patologie.

Dati Istituto Superiore della Sanità

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Anche la fascia d’età delle vittime è un dato certamente rilevante perché non coinvolge sostanzialmente la popolazione attiva in Italia, concentrandosi sulle persone fragili, i nostri nonni ed i nostri pensionati. Di fatto, ad un mese dai primi provvedimenti governativi che hanno portato alla situazione attuale, guardando al numero dei decessi, la forza lavoro italiana non è stata pressoché intaccata dal virus.

Dati Istituto Superiore della Sanità al 20 marzo 2020

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La peggior influenza di sempre?

Sebbene il #coronavirus non possa essere paragonato ad una semplice influenza, è utile ricordare i dati del rapporto integrato sui risultati di differenti sistemi di sorveglianza dell’influenza (casi gravi, Sismg, InfluWeb, InfluNet-Epi, InfluNet-Vir) raccolti sempre dall’Istituto Superiore di Sanità.

Nella settimana del picco la mortalità  per influenze gravi ha riguardato 256 infetti, mentre la media giornaliera del periodo influenzale è di 220,03 persone. Nel caso del Covid-19, ad oggi, la media è ben al di sotto: 161,28 decessi. Occorre tuttavia registrare che dal 15 marzo si è passati da 175 morti a 368 decessi con un incremento fino a 627 del 20 marzo. Difficile dire che si è raggiunto il picco. Possiamo solo sperare che quest’incubo svanisca nei tempi ordinari delle influenze virali. Provo a pronosticare: il primo maggio lo festeggeremo in piazza dando realmente senso alla festa dei lavoratori, vista l’astensione forzata di circa 2 mesi.

Dati S

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Le responsabilità del governo Conte

Nessuno può avere l’ardire di considerare l’epidemia irrilevante sebbene la gestione appare essere stata superficiale e priva di una strategia di lungo periodo. Infatti, il Covid-19 produrrà, dal punto di vista medico, danni assai maggiori delle forme influenzali già note superando il numero dei decessi complessivi della stagione influenzale 2018-2019 (5.941), tuttavia senza rappresentare un pericolo irreversibile per la popolazione italiana.

Sin dai primi giorni di emergenza è infatti parso chiaro che sarebbe stato necessario rafforzare i presidi sanitari che avrebbero dovuto sostenere il peso di un fabbisogno straordinario. Già nel mese di gennaio dalla Cina arrivavano indicazioni in tal senso. E invece ci si è concentrati solo sulla strategia dell’isolamento, riducendo e progressivamente cancellando le libertà individuali ed i diritti fondamentali di decine di milioni di cittadini che non corrono rischi gravi alla salute.

Con la delibera del 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria per 6 mesi stanziando l’imponente – si fa per dire – somma di 5 milioni di euro. Cifra confermata nella successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 febbraio con cui viene nominato un Comitato tecnico-scientifico e consentito al Capo della Protezione Civile di derogare pressoché integralmente al codice degli appalti. A quella data era chiara la natura polmonare dell’influenza, sempre in base all’esperienza cinese, ed occorreva rafforzare i reparti di terapia intensiva attraverso l’acquisto di apparecchiature specialistiche. Con quella somma, a copertura di tutta l’emergenza, non si sarebbero potuti attrezzare nemmeno 50 postazioni di terapia intensiva. L’importo è stato aumentato a 100 milioni di euro soltanto con la delibera del Consiglio dei ministri del 5 marzo 2020. A ben vedere il primo concreto provvedimento per il potenziamento del servizio sanitario contenuto nel decreto legge 9 marzo 2020 n. 14 cui ha fatto seguito il decreto legge 17 marzo 2020 n. 18.

Che si sia perso tempo risulta anche chiaramente da altri elementi. Dpo quindi oltre un mese dalla prima ordinanza, soltanto il 13 marzo 2020 la Consip (centrale acquisti governativa) è stata autorizzata a svolgere procedure per approvvigionare le strutture sanitarie di 5.000 umidificatori e servizi per terapia intensiva (per circa 49 milioni di euro) e, in seguito, per 58,5 milioni di euro di mascherine chirurgiche ed 87,5 milioni di euro di dispositivi di protezione.

Si tratta di un ritardo colpevole, sotto gli occhi di tutti.

La gestione è apparsa anche molto superficiale e confusa. Lo si comprende da circa venti ordinanze emanate dal Capo della protezione civile a partire dall’inizio della crisi. Sono sufficienti un paio di esempi.

A) Con l’ordinanza del Capo della protezione civile del 9 marzo 2020 n. 348 si stabilisce unicamente che «allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera f) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 si applicano all’intero territorio nazionale». Il richiamo normativo fa riferimento ad una delle limitazioni previste in precedenza alla regione Lombardia e alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. Dopo aver emanato già 15 ordinanze si fa un nuovo provvedimento soltanto per dire: «sono chiusi gli impianti nei comprensori sciistici» in tutta Italia. Intanto già si contavano 7.375 casi totali e 366 morti, con 133 decessi solo ne giorno precedente a questa ordinanza.

B) E poi si può ricordare l’ordinanza del 15 marzo 2020 n. 650 che si limita a differire di 60 giorni (sebbene la crisi sia stata dichiarata fino al 1 luglio) il termine di presentazione della richiesta di contributi da parte dei nuclei familiari colpiti dagli eventi sismici di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo a partire avvenuti dal giorno 24 agosto 2016. Un provvedimento di fondamentale importanza per la risoluzione della crisi epidemiologica, non trovate?

Un virus pericoloso che sospende le libertà ed i diritti fondamentali

La strategia del #TUTTIACASA è stata adottata a partire dal decreto legge del 23 febbraio 2020 n. 6 che ha consentito alle autorità competenti (in primis, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro della Salute) la facoltà di limitare la circolazione delle persone, sospendendo temporaneamente manifestazioni pubbliche e servizi pubblici non essenziali.

Sono poi intervenuti ben 7 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (23 febbraio, 25 febbraio, 1 marzo, 4 marzo, 8 marzo, 9 marzo e 11 marzo) che, partendo dai primi territori interessati dall’epidemia, hanno progressivamente esteso al territorio nazionale diverse misure restrittive.

Dopo un primo decreto del 1 marzo 2020 limitato territorialmente ad alcuni comuni e province di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Liguria, con il decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 4 marzo 2020:
a) sono sospesi i congressi, le riunioni, i meeting e gli eventi sociali, in cui è coinvolto personale sanitario o personale incaricato dello svolgimento di servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità; è altresì differita a data successiva al termine di efficacia del presente decreto ogni altra attività convegnistica o congressuale;
b) sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro);
c) sono sospesi altresì gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;
d) sono sospesi i servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado
e) sono sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;
f) l’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA) e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura.
Le disposizioni del decreto riguardanti l’intero territorio nazionale si applicano fino al 3 aprile 2020.

Con successivo decreto del Presidente del consiglio dei ministri dell’11 marzo 2020:
1) sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 1, sia nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell’ambito della media e grande distribuzione, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l’accesso alle sole predette attività. Sono chiusi, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta, i mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Restano aperte le edicole, i tabaccai, le farmacie, le parafarmacie. Deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
2) sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di un metro. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto. Restano, altresì, aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale, autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
3) sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti).

È poi arrivata l’ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo 2020 che sempre per l’intero territorio nazionale stabilisce che:
a) è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici;
b) non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona;
c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro;
d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza.
Un provvedimento efficace fino al 25 marzo ma destinato a durare a lungo.

Il Covid-19 ha portato il Governo, anzi il Presidente del Consiglio dei Ministri, a sospendere i fondamenti della nostra democrazia repubblicana. E ciò senza alcun confronto e dibattito parlamentare, visto che il Parlamento si è riunito in fretta e furia solo per convertire il primo decreto legge, con deputati e senatori serenamente a casa, mentre migliaia di medici ed infermieri italiani, assieme alle cassiere dei supermercati, rischiano di prendersi l’infezione che spaventa il mondo.

A pensarci bene è l’intera parte prima della Costituzione repubblicana messa in discussione dalla strategia del Governo contro il Covid-19:

  • i rapporti civili: il divieto di qualsiasi restrizione della libertà personale sancito dall’art. 13, la libertà di soggiorno prevista dall’art. 16, il diritto di riunione dell’art. 17 oltre alla libertà di professare la fede affermata dall’art. 19 per effetto della chiusura dei luoghi di culto;
  • i rapporti etico-sociali: proclama l’art. 34 “la scuola è aperta a tutti” ma i nostri ragazzi, tra mille difficoltà, non possono istruirsi a dovere; certamente il più minacciato è il diritto alla salute dell’art. 32;
  • i rapporti economici: sono messi a dura prova da questa grave epidemia visto che la Repubblica non tutela più il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, come prevede l’art. 35, a poco vale l’improvvisata sperimentazione del lavoro “agile” (che poi che vorrà dire?!); per non parlare della sospensione della libertà di iniziativa economica dell’art. 41, con le micro-piccole e medie imprese italiane (il 98% del totale) che, ferme per settimane, appaiono senza alcuna prospettiva per il futuro.

La strategia del Governo non sembra stia portando i risultati sperati e già si vocifera il prolungarsi del fermo del Paese oltre il 4 aprile.

Possibile che non ci sia una modalità diversa per superare la crisi sanitaria e restituire dignità e diritti ai trenta abitanti del comune di Monterone (Lecco), situato in posizione molto isolata ai piedi del Monte Resegone? Se in una comunità di trenta persone dopo 14 giorni di clausura non è riscontrata alcuna infezione, perché mai dovrebbe protrarsi la limitazione quantomeno al territorio del comune?

Il Governo dovrebbe liberare i piccoli comuni italiani sottoponendo a tampone i cittadini per consentire  almeno a loro, diversamente da quanto avviene  nei grandi centri urbani, di riprendere una vita sociale e lavorativa. Un provvedimento che restituirebbe libertà e diritti a milioni di italiani in attesa di superare la crisi del Covid-19.

Se questa proposta ti convince condividi pure questo articolo con i dati riportati.

Se vuoi approfondire ulteriormente e commentare l’articolo scarica il dossier “Il Governo Conte contro il Covid-19” con tutti i provvedimenti emanati tra il 30 gennaio ed il 20 marzo 2020.

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