DOPO LA RIFLESSIONE …

In questi giorni riflettevo che lo stato di emergenza di sei mesi dichiarato dal governo il 31 gennaio rende scontata qualsiasi battuta, commento, critica, osservazione o giudizio. Siamo in milioni collegati ai social network, senza le nostre “abitudini”: Così Giuseppe Conte ha più volte ribattezzato i diritti e le libertà fondamentali costituzionali nella conferenza facebook della notte del 20 marzo che ha prodotto l’unico risultato di incrementare il numero di follower della sua pagina con 400.000 nuovi utenti. Anche la mi analisi critica sulla crisi sanitaria e sulle colpe del Governo è sostanzialmente riportata in decide di articoli e post disseminati nella rete.

Sono poi centinaia di migliaia gli italiani che usano il web ed i social come “sfogatoio di massa” per lamentare il proprio disagio, mentre il mainstream (tv e quotidiani) ci continua a mettere davanti i nostri morti. Ieri abbiamo superato il picco di decessi dell’influenza grave del 2019 ma non per questo siamo tutti spacciati. Anzi.

La storia è maestra di vita e quanto ha distrutto la gestione del Covid-19 andrà ricostruito quando tutto tornerà alla normalità. Siamo in guerra, con i megafoni dei vigili che annunciano il coprifuoco, le forze armate che bloccano strade e distributori di carburante (fate attenzione che è proprio lì che vi fermeranno) e le file infinite al supermercato di cittadini cupi e pensierosi. Siamo in guerra ed alla fine della guerra occorrerà salvare il nostro Paese. Salvare l’Italia e gli italiani, già messi all’angolo da politiche di austerità che ci hanno resi la ruota di scorta dell’Unione Europea.

I dati macroeconomici erano negativi ancor prima del virus, grazie ad una classe politica ben lontana da quella che guidò il dopoguerra e rese l’Italia una potenza mondiale.

Mi domando allora se, anziché continuare a fare battute, condividere video ironici o di analisi, non sia il caso che sfruttiamo il tempo a nostra disposizione per preparare il terreno ad un futuro che non sia di carestia e di morte. E’ certo che dopo le migliaia di morti da o con (questo dipende dalle classificazioni mediche) Covid-19, ci saranno i morti di fame: i disoccupati che oggi beneficiano di cassa integrazione straordinaria, le partite iva che devono ripartire da zero, per non parlare dei 5,3 miliioni di piccole e medie imprese (il 92% della capacità produttiva nazionale) che non possono aspettare decreti legge che produrranno effetti concreti tra un paio d’anni. Basti pensare che le famiglie del terremoto del 2016 in Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo ancora non hanno visto un euro.

La crisi economica e produttiva mette a repentaglio le nostre libertà. Quando un padre di famiglia perde il lavoro si rivolge alle banche che vogliono i soldi con interesse ed iniziano a guardare dentro casa per capire se possono realizzare il loro credito portandosi via qualcosa. E’ storia già avvenuta che il Governo Monti ha scritto a chiare lettere con il pareggio di bilancio, il Fiscal Compact ed il MES.

In questo contesto, visto che ormai le serie Netflix le conosciamo a memoria ed abbiamo finito di organizzare inutili karaoke sul balcone, è tempo dell’azione.

Tra il 1942 ed il 1947 prese vita in Italia il Partito d’Azione che si diffuse grazie al suo organo ufficiale: L’Italia Libera. Basta partire da lì. Da persone libere e forti capaci di progettare il futuro dell’Italia con onestà, competenza e responsabilità. Se progettiamo oggi, domani saremo già pronti per la sfida che attende noi ed i nostri figli.

La storia insegna e si ripete. Sarebbe un peccato rimanere a guardarla.

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