La politica a volte è priva di logica, almeno così sembra. Negli anni abbiamo sempre sentito urlare “dimissioni, dimissioni!” ogni qualvolta un disegno di legge del Governo veniva bocciato, in tutto od in parte, da un ramo del Parlamento. L’ultimo a subire questa contestazione è stato Giuseppe Conte, già (mai) leader dei pentastellati.
Ieri il Governo ha subito due bocciature su altrettanti emendamenti proposti dalla Lega e relativi al nuovo provvedimento sullo stato di emergenza che, è bene ricordarlo, in Italia vige dal 31 gennaio 2020. Due anni di emergenza e di deroga alla carta costituzionale, ormai carta straccia per gran parte delle forze politiche.
Nessuno in aula al Senato ha gridato dimissioni. D’altronde la Lega soffre di un evidente disturbo bipolare: un giorno a Palazzo Chigi partecipa alla stesura dei provvedimenti del Governo, il giorno successivo – al pari di una forza di opposizione – contesta gli stessi provvedimenti provocandone la modifica del testo. Siamo l’unico paese in cui esistono partiti che sono allo stesso tempo di governo e di opposizione. Siamo l’unico paese in mano ad un presidente del Consiglio che si è presentato nella qualità di salvatore della patria, come Mario Monti. Portando gli stessi risultati del 2012, liquidazione dello stato sociale e depressione del popolo italiano. Giuseppe Conte si è dimesso, Mario Draghi nessuno osa metterlo in discussione salvo Fratelli d’Italia. Chissà cosa ne penserebbero i padri fondatori di questa disgraziata repubblica nel vedere quanto sta accadendo.
Tra qualche settimana usciremo dallo stato di emergenza e potremo verificare se esistono nuove forze di governo o di opposizione che si andranno a formare in un quadro politico confuso, com’è stata confusa la gestione della pandemia negli ultimi due anni.