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CODICE DEGLI APPALTI: POLEMICHE INUTILI E STRUMENTALI, SI AFFRONTINO LE VERE QUESTIONI

Il Codice dei contratti pubblici è diventato legge. Il settore dei appalti e delle concessioni sarà governato nei prossimi anni dal decreto legislativo numero 36 del 31 marzo 2023.

In questi giorni i media nazionali hanno concentrato l’attenzione sulle polemiche mosse innanzitutto dall’Autorità nazionale anticorruzione ad un testo che qualcuno ha ribattezzato come “Codice Salvini”. Il Codice dei contratti non può essere intestato al ministro di turno.

In particolare questo nuovo codice, che è stato elaborato durante il governo Draghi da una commissione del Consiglio di Stato. È già qui siamo di fronte alla prima stortura. Per quanto i magistrati amministrativi conoscano la materia non ne sanno quanto coloro che sono quotidianamente chiamati a gestire le procedure di affidamento. Qualche tempo fa proprio il Consiglio di Stato ha registrato un dato significativo:  il contenzioso sugli appalti è pari al 3% del totale degli affidamenti. Questo significa che la magistratura ha una visione del tutto parziale e minoritaria delle esigenze che riguardano il settore. Affidando al Consiglio di Stato la stesura del codice il governo Draghi ha commesso lo stesso errore che fece il governo Renzi affidando nel 2014 la guida dell’ANAC all’attuale capo della procura di Perugia Raffaele Cantone. La disciplina degli appalti non può essere scritta a tavolino da chi non sa cosa significa acquisire un CIG e pubblicare un bando!

In alcune testate e trasmissioni televisive l’odierno presidente dell’ANAC Giuseppe Busia ha fatto sentire la sua voce rispetto ai rischi che si correrebbero nel nuovo codice per l’utilizzo di affidamenti diretti per importi molto elevati. Ma dov’era l’ANAC e le opposizioni (ex maggioranza) quando il governo Draghi prima nel 2020 e poi nel 2021 aumentava la soglia degli affidamenti diretti di oltre il trecento percento? Non è un errore di batittura: da 40 a 139 mila euro! Se è vero che il nostro paese non è allineato a livello comunitario, per aver ecceduto nello spazio destinato agli appalti senza procedura competitiva, e anche vero che questa scelta non può essere addebitata al governo che ha approvato il testo definitivo del codice.

Le barricate alzate non colgono le reali criticità di una normativa, vale la pena ricordarlo, ancora una volta pretesa dall’Unione Europea. Dopo i decreti del 2006 e del 2016 attuativi delle direttive rispettivamente del 2004 e del 2014, il nuovo Codice risponde alle richieste di riforma strutturale contenute nel Recovery Plan. E ciò ha determinato una frettolosa approvazione perché l’Italia era già in ritardo nell’adozione delle nuove regole sugli appalti che avrebbe dovuto introdurre nel giugno 2022 per ottenere la seconda tranche del PNRR che è stata poi versata dalla Commissione nel settembre successivo. È evidente che il governo di Mario Draghi ha ricevuto maggiore clemenza di quella applicata al governo Meloni che, rispetto alla chiusura del secondo semestre 2022, non ha ancora ottenuto il relativo finanziamento.

Passando alle questioni più serie il Codice presenta una novità molto positiva che speriamo non rimanga lettera morta, come è stato per decine di disposizioni del codice del 2016. Ci riferiamo all’obbligo formativo per i responsabili unici del progetto. È previsto infatti che ciascuna stazione appaltante approvi un piano della formazione annuale e che destini risorse per accrescere le competenze ed incentivare i RUP. Le tutele e gli incentivi dei RUP sono fondamentali perché la macchina amministrativa si muova con solerzia. La certificazione delle competenze è necessaria per dotare le stazioni appaltanti di personale capace e responsabile. La patente dei RUP promossa dall’Associazione nazionale dei responsabili unici del procedimento è uno strumento indispensabile perché gli appalti vengano progettati, affidati ed eseguiti nel rispetto delle migliori pratiche nazionali ed internazionali. Allo stesso tempo, così come ogni organizzazione investe sui propri dipendenti con incentivi per la performance, anche ai RUP – siano essi funzionari o dirigenti – deve essere garantito un premio al raggiungimento degli obiettivi. E’ incorente che le ditte possano ricevere premi per l’accelerazione dell’appalto, mentre i responsabili degli enti appaltanti debbano lavorare con la prospettiva soltanto con minacce di sanzioni amministrative, contabili e penali. Il Governo non ha colto tale necessità, lasciando cadere le proposte avanzate negli scorsi mesi dalle organizzazioni di settore. I prossimi interventi devranno cambiare metodo (ascoltare la voce degli addetti ai lavori) e il merito: tutelare e incentivare i RUP per realizzare i progetti del PNRR.

CASO ROMEO: RIPENSARE IL FACILITY MANAGEMENT

La chiusura della vicenda dell’imprenditore Alfredo Romeo, con la condanna ad due anni e mezzo per corruzione dopo il patteggiamento del dirigente Consip, non può solo indignare. Consip nel 2021 ha gestito 18,3 miliardi di euro attraverso i suoi strumenti messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Un sistema, quello della razionalizzazione della spesa pubblica, voluto nel 1999 dall’allora ministro dell’economia Giuliano Amato, che ha portato certamente grandi benefici al settore degli appalti pubblici. Basti pensare che anche in Europa hanno lodato il modello inserendolo nelle direttive quadro del 2014. La centrale di committenza garantisce vantaggi diretti (una potenziale riduzione dei prezzi unitari grazie all’aggregazione della domanda) e un risparmio indiretto (la riduzione significativa del numero di procedure, con eliminazione dei costi delle gare per le singole stazioni appaltanti).

Tuttavia il caso Romeo riporta alla memoria ciò che avvenne nel 2003 quando Consip pianifico di bandire la prima gara di global service (o facility management). I ricavi illeciti di Romeo riguardano proprio questo settore sul quale occorre fare una seria riflessione.

Il facility management  è

l’affidamento di servizi integrati, gestionali ed operativi, da eseguirsi negli immobili, adibiti prevalentemente ad uso ufficio, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni.

Si tratta di un compito di coordinamento di tutte le attività che servono a mantenere un immobile, dall’impiantistica ai piccoli interventi di riparazione. Generalmente queste operazioni sono svolti da piccole imprese prossime alla sede degli enti in modo da garantire un pronto intervento. Piccole imprese che in passato avevano un rapporto diretto con le stazioni appaltanti che, attraverso lo strumento del cottimo fiduciario, affidavano piccoli appalti. Con l’avvento di Consip e della centralizzazione dei contratti, questi affidamenti diretti si sono trasformati in subappalto con l’inserimento nella filiera del facility manager che, eccedendo forse in semplificazione, appare un mero intermediario in affari. Il canone che si paga a questo soggetto non può che incidere negativamente sul prezzo che riceve il subappaltatore.

Sentiamo ripetere spesso che occorre favorire le piccole, anzi micro, imprese (lo prevede anche il decreto sul PNRR), tuttavia poco possono fare i RUP per individuare una ditta affidabile del territorio se poi è il facility manager a scegliersi i subappaltatori. Le piccole imprese per lavorare con gli enti devono passare attraverso le convenzioni della Consip, pagando il prezzo di una intermediazione il cui valore spesso anche le stazioni appaltanti non percepiscono.

La vicenda Romeo può essere l’occasione per rivedere la strategia del programma gestito dalla Consip. Strategia che decise la politica e che, in ultima analisi, spetta oggi sempre alla politica ridisegnare.

RUP: DA FUNZIONARI A PROFESSIONISTI DEI CONTRATTI PUBBLICI

Sono trascorsi quasi trent’anni dalla Legge Merloni che ha istituito la figura del #RUP negli #appalti pubblici. In questo lungo periodo, nonostante numerosi tentativi, il ruolo del responsabile unico del procedimento ancora non ha raggiunto una sua fisionomia. Dal RUP impegnato nella realizzazione di strutture strategiche si passa al RUP che provvede all’acquisto di cancelleria e di strumenti necessari al funzionamento delle stazioni appaltanti.

Anche gli interventi dell’#ANAC, a partire dalle linee guida del 2016, non sembrano contribuire a costruire una professionalità di cui essere orgogliosi. Se poi il legislatore menziona il RUP solo per attribuire nuove responsabilità e minacciare sanzioni è evidente che decine migliaia di funzionari e dirigenti pubblici sono lasciati da soli ad affrontare questioni assai delicate che riguardano una spesa che nel 2021 è stata di oltre 190 miliardi di euro.

#Onestà, #competenza e #responsabilità sono le parole chiave per gestire questa delicata fase di cambiamento con il nuovo Codice dei #contrattipubblici e l’avvio degli affidamenti nell’ambito del PNRR.

Condividi queste riflessioni e la necessità di mettere in rete questi professionisti degli appalti, per garantire un supporto reciproco ed orientare le politiche in materia di #contratti pubblici al fine di valorizzare il capitale umano nell’interesse pubblico?

Se sei interessato ad un percorso comune, contattami per avviare una start up innovativa nel #procurement italiano!

RIFLESSIONI CRITICHE SUL COVID-19 AL 20 MARZO 2020

Ripetere come un mantra #andràtuttobene non cambia il presente, né tantomeno il futuro del nostro paese. Dopo quasi due mesi dalla presenza del virus in Italia occorre fare qualche critica riflessione senza essere accusati di lesa maestà nei confronti di una classe politica che, giorno dopo giorno, ha ridotto e poi cancellato i diritti e le libertà fondamentali della Carta costituzionale con una serie di provvedimenti governativi, di diversa natura, sui quali non è stato consentito nessun confronto parlamentare.

Dal 30 gennaio, data in cui un tampone ha rilevato il Covid-19 in due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, prima in terapia intensiva e poi guariti, #RESTATEACASA risulta un ordine di guerra incomprensibile per i trenta abitanti del comune di Monterone (Lecco), situato in posizione molto isolata ai piedi del Monte Resegone, in un territorio di boschi in cui si possono percorrere magnifici sentieri. Perché Monterone? Lo spiegherò a breve.

L’analisi della situazione

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IL DECRETO CORRETTIVO DEGLI APPALTI: LE PERPLESSITA’ DEL CONSIGLIO DI STATO

Non occorre aggiungere parole alle amare considerazioni del Consiglio di Stato che, in data 30 marzo, ha emanato il previsto parere sullo schema di decreto correttivo al Codice degli appalti e delle concessioni che modifica 119 dei 220 articoli del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Mentre il codice non è stato ancora completato con tutti gli atti attuativi previsti, pari a 53 (ad oggi, ne sono stati varati 11 espressamente previsti dal codice, e 4 non espressamente previsti, e sono in corso di adozione altri 9 atti attuativi), si intende approvare una correzione senza aver dati sull’applicazione pratica della normativa che smuove oltre 100 miliardi di euro l’anno in affidamenti pubblici.

Si legge nel comunicato che accompagna il parere di limiti formali e sostanziali del potere correttivo:

a) il mancato recepimento di una parte della delega entro il termine di scadenza consuma definitivamente il relativo potere, e tale mancato esercizio non può essere recuperato in sede di adozione di decreti correttivi;

b) con il correttivo sono consentite “integrazioni e correzioni” (anche rilevanti), a seguito di un periodo di “sperimentazione applicativa”;

c) lo strumento del correttivo non può costituire una sorta di ‘nuova riforma’, pur rispettosa della delega originaria, che modifichi le scelte di fondo operate in sede di primo esercizio della delega, attuando un’opzione di intervento radicalmente diversa da quella del decreto legislativo oggetto di correzione. Continua a leggere

LA CRISI DEGLI APPALTI PUBBLICI DOPO IL NUOVO CODICE

I dati pubblicati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione sulla mercato degli appalti nel periodo maggio-agosto 2016 sono estremamente allarmanti. Nell’aprile 2016 è stato approvato il nuovo Codice dei contratti con il decreto legislativo n. 50 che ha atteso diversi mesi prima di essere attuato dalle linee guida della stessa autorità guidata da Raffaele Cantone.

La scarsa chiarezza del testo del codice, denunciata Consiglio di Stato nel suo parere al decreto, e l’assenza delle disposizioni di attuazione hanno determinato lo stallo di un mercato nel quale, occorre ricordarlo, se ci sono amministrazioni che spendono per erogare servizi, ci sono anche imprese che lavorano per pagare stipendi.

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COSTI DI SICUREZZA NEGLI APPALTI: IL REGIME TRANSITORIO

Con una interessante pronuncia il Consiglio di Stato è intervenuto sulla delicata questione dei costi di sicurezza a carico dell’affidatario e della loro rilevanza per giustificare la congruità dell’offerta anormalmente bassa. Il passaggio dal Codice del 2006 al Decreto Legislativo n. 50/2016 ha imposto alcune precisazioni. Continua a leggere