Rispondo alle molte persone che in queste settimane mi hanno chiesto un parere sulla deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 10 del 1 febbraio, che riguarda il vetusto tema dell’affrancazione dal prezzo massimo di cessione degli alloggi realizzati nei piani di zona di Roma Capitale.
Si tratta di una questione nella quale mi sono imbattuto accidentalmente nel 2010, senza comprenderne i contenuti. Al fine di approfondire le delibere su Cecchignola Sud, quartiere della periferia romana al quale ho dedicato un libretto, ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con un noto urbanista il quale mi disse: “Quando uscirà la questione del prezzo massimo di cessione crollerà il sistema dell’edilizia sociale a Roma e in Italia”. Una profezia che si è avverata nel 2015 credo di esser stato tra i primi, in un freddo e semideserto centro anziani del quartiere, a tenere un breve seminario per illustrare la sentenza della Corte i Cassazione 18135 e chiarire la differenza tra affrancazione e trasformazione del diritto di superficie degli alloggi di oltre cento quartieri romani, nati per sovvenzionare l’edilizia pubblica dei piani economico popolari.
La gravità della vicenda mi ha poi portato a fondare l’Associazione Nazionale Edilizia Sociale della quale sono consulente legale dal 2017, promuovendo diversi eventi pubblici, in Campidoglio, in Regione ed al Senato, per promuovere una riforma del settore. L’amore per la giustizia, anche nelle politiche abitative, non mi ha consentito – come avvenuto per altri colleghi avvocati – di trarre un business dalla materia. Tuttavia mi sono arricchito di rapporti personali ed amicali. Penso che la soluzione della crisi dell’edilizia romana sia ancora nella ricetta promossa nel 2017, nonostante negli anni successivi siano stati varati diversi provvedimenti che hanno provato a mettere una “toppa” alla voragine. Per tutti gli approfondimenti è sufficiente leggere quanto ancora visibile sul profilo Facebook dell’ANES.
Tornando all’attualità, senza dimenticare la responsabilità politica di chi ha consentito negli anni 80/90 di realizzare piani di zona abusando della normativa in vigore e costringendo nel 2015 la Cassazione ad una sentenza dagli effetti distruttivi del sistema, penalizzando centinaia di migliaia di famiglie coinvolte, la delibera di Roma Capitale non sembra così eccezionale come narrato dalla stampa locale. L’Assemblea capitolina si limita a ribadire quanto la legge istitutiva dell’edilizia sociale del 1971 già prevedeva con la novella del 1992. Si prende atto , come indica lo stesso titolo del provvedimento, delle indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale del 23 settembre 2021 n. 210, in cui si legge che: Continua a leggere